Premessa
Il fenomeno sotteso a questo termine “apparizioni” non è affatto strano nella tradizione cristiana: il Cristianesimo, tra tutte le religioni, si qualifica come “Fede” (alla pari dell’Ebraismo e dell’Islam). Ora, nell’esperienza della Fede, l’iniziativa non è mai dell’uomo, ma di Dio. Non è la persona che cerca e trova ciò che è soprannaturale, ma è il soprannaturale che irrompe e si manifesta alla persona. E’ questo del resto il sgnificato dell’espressione “la Fede è dono di Dio”.
Certo, tutto ciò vale per quella manifestazione autorevole che è stata memorizzata nella Bibbia, nei Vangeli: là Dio – il sprannaturale – ha rivelato tutto ciò che è essenziale sapere su di lui e sulla salvezza dell’umanità. Null’altro di vitale è rimasto nascosto o non svelato (come afferma Beatrice – nella Divina Commedia - a Dante, nel V° Canto del Paradiso: “Avete ‘l novo e ‘l vecchio Testamento, e ‘l pastor de la Chiesa che vi guida: questo vi basti a vostro salvamento”).
Nelle relazioni interpersonali tuttavia (e la Fede lo è al massimo grado) non ci si limita a fornire informazioni, a impartire insegnamenti, o a dare ordini e divieti; quanto più quella relazione è intima, familiare, appassionata, tanto più si alimenta di comunicazione, di dialogo, in cui entrano – da parte di quel Soprannaturale che non è enigmatico ma squisitamente personale – il linguaggio della raccomandazione accalorata, della messa in guardia dai pericoli, del richiamo a quegli ideali di condotta che, pur essendo conosciuti da sempre, si tende facilmente a dimenticare, in altre parole: appelli alla conversione.
E’ questa appassionata sollecitudine di Dio per la vita e la salvezza dei suoi figli che traspare dalle cosiddette “apparizioni”, sollecitudine che non di rado – per non dire quasi sempre - assume i tratti e i toni materni di Maria: la donna colma di grazia, che di Dio si era definita “serva” e si ritrovò perciò stesso “madre”: di lui e dell’intera umanità.
Nulla di troppo eccezionale pertanto nella “apparizioni”, se non la sollecitudine paterna e materna di Dio per ognuno del suo popolo.
Certo, una tale ovvietà le espone a non pochi rischi o pericoli, quali ad esempio l’assenza di autenticità, la falsificazione motivata da interesse, o più semplicemente la suggestione, o l’illusione. Non per niente la Chiesa - madre e maestra - procede con estremo rigore allorchè si tratta di operare un discernimento; essa non tollera che i suoi fedeli subiscano raggiri o strumentalizzazioni. Anche nei casi nei quali risulta evidente in tali fenomeni la presenza e l’azione del soprannaturale, la Chiesa si limita a dichiararne l’autenticità, caldeggiando l’adesione devota dei fedeli, senza tuttavia imporre ad alcuno l’obbligo di aderirvi con quella stessa Fede con cui si accoglie il vangelo.
I criteri con i quali la Chiesa opera il discernimento, una volta conclusa ogni presunta vicenda di apparizioni, sono i seguenti:
-la loro sintonia con gli insegnamenti del Vangelo (del quale, se autentiche, costituiscono un’eco o un richiamo)
- la condotta cristiana dei veggenti: esemplare, estranea a qualsiasi interesse di carattere economico o a manie d’esibizionismo religioso, non arrogante o spregiativa nei confronti del giudizio della Chiesa, ma docile, umile e rispettosa.
Con tale rigore si procedette anche nel verificare l’autenticità delle apparizioni a Montagnaga di Pinè (anche se, come si farà notare più avanti, una dichiarazione conclusiva, esplicita ed autorevole, non si ebbe mai). I molti particolari che conosciamo riguardo ad esse sono desunti dagli atti del “processo” che il principe vescovo di Trento fece eseguire nel 1730, cioè l’anno successivo ai fatti: in quel processo fu chiamata a deporre Domenica Targa, la veggente di Montagnaga. Conclusa l’indagine ecclesiastica, ampliato e consacrato il Santuario, per lungo tempo nel XIX secolo si erano perse le tracce di tali atti originali; per molti anni furono cercati negli archivi della Curia di Trento, dei decanati di Pergine e Civezzano, della parrocchia di Pinè e della curazia di Montagnaga, ma senza risultato. Finchè nel 1893, quando ormai si disperava di trovarli, un sacerdote (direttore dell'allora periodico diocesano) rinvenne i due manoscritti del 1730 nella Biblioteca comunale di Trento. Il primo (n° 388) riporta un resoconto delle apparizioni e degli eventi accaduti tra il 1729 e il 1730, facendo riferimento al processo ecclesiastico il cui verbale è riportato integralmente nel secondo manoscritto (n° 620).
I testi riportati qui di seguito sono desunti dall’opera di uno dei Rettori del santuario: don Giuseppe Zanotelli, La Madonna di Caravaggio in Pinè, Trento 1897. Il linguaggio (certamente datato rispetto a quello del nostro tempo) è lo stesso di quella prima pubblicazione: si è preferito lasciarlo inalterato, sia per la vivacità della narrazione, sia per una certa qual venerazione nei confronti delle testimonianze riferite.
Certo, tutto ciò vale per quella manifestazione autorevole che è stata memorizzata nella Bibbia, nei Vangeli: là Dio – il sprannaturale – ha rivelato tutto ciò che è essenziale sapere su di lui e sulla salvezza dell’umanità. Null’altro di vitale è rimasto nascosto o non svelato (come afferma Beatrice – nella Divina Commedia - a Dante, nel V° Canto del Paradiso: “Avete ‘l novo e ‘l vecchio Testamento, e ‘l pastor de la Chiesa che vi guida: questo vi basti a vostro salvamento”).
Nelle relazioni interpersonali tuttavia (e la Fede lo è al massimo grado) non ci si limita a fornire informazioni, a impartire insegnamenti, o a dare ordini e divieti; quanto più quella relazione è intima, familiare, appassionata, tanto più si alimenta di comunicazione, di dialogo, in cui entrano – da parte di quel Soprannaturale che non è enigmatico ma squisitamente personale – il linguaggio della raccomandazione accalorata, della messa in guardia dai pericoli, del richiamo a quegli ideali di condotta che, pur essendo conosciuti da sempre, si tende facilmente a dimenticare, in altre parole: appelli alla conversione.
E’ questa appassionata sollecitudine di Dio per la vita e la salvezza dei suoi figli che traspare dalle cosiddette “apparizioni”, sollecitudine che non di rado – per non dire quasi sempre - assume i tratti e i toni materni di Maria: la donna colma di grazia, che di Dio si era definita “serva” e si ritrovò perciò stesso “madre”: di lui e dell’intera umanità.
Nulla di troppo eccezionale pertanto nella “apparizioni”, se non la sollecitudine paterna e materna di Dio per ognuno del suo popolo.
Certo, una tale ovvietà le espone a non pochi rischi o pericoli, quali ad esempio l’assenza di autenticità, la falsificazione motivata da interesse, o più semplicemente la suggestione, o l’illusione. Non per niente la Chiesa - madre e maestra - procede con estremo rigore allorchè si tratta di operare un discernimento; essa non tollera che i suoi fedeli subiscano raggiri o strumentalizzazioni. Anche nei casi nei quali risulta evidente in tali fenomeni la presenza e l’azione del soprannaturale, la Chiesa si limita a dichiararne l’autenticità, caldeggiando l’adesione devota dei fedeli, senza tuttavia imporre ad alcuno l’obbligo di aderirvi con quella stessa Fede con cui si accoglie il vangelo.
I criteri con i quali la Chiesa opera il discernimento, una volta conclusa ogni presunta vicenda di apparizioni, sono i seguenti:
-la loro sintonia con gli insegnamenti del Vangelo (del quale, se autentiche, costituiscono un’eco o un richiamo)
- la condotta cristiana dei veggenti: esemplare, estranea a qualsiasi interesse di carattere economico o a manie d’esibizionismo religioso, non arrogante o spregiativa nei confronti del giudizio della Chiesa, ma docile, umile e rispettosa.
Con tale rigore si procedette anche nel verificare l’autenticità delle apparizioni a Montagnaga di Pinè (anche se, come si farà notare più avanti, una dichiarazione conclusiva, esplicita ed autorevole, non si ebbe mai). I molti particolari che conosciamo riguardo ad esse sono desunti dagli atti del “processo” che il principe vescovo di Trento fece eseguire nel 1730, cioè l’anno successivo ai fatti: in quel processo fu chiamata a deporre Domenica Targa, la veggente di Montagnaga. Conclusa l’indagine ecclesiastica, ampliato e consacrato il Santuario, per lungo tempo nel XIX secolo si erano perse le tracce di tali atti originali; per molti anni furono cercati negli archivi della Curia di Trento, dei decanati di Pergine e Civezzano, della parrocchia di Pinè e della curazia di Montagnaga, ma senza risultato. Finchè nel 1893, quando ormai si disperava di trovarli, un sacerdote (direttore dell'allora periodico diocesano) rinvenne i due manoscritti del 1730 nella Biblioteca comunale di Trento. Il primo (n° 388) riporta un resoconto delle apparizioni e degli eventi accaduti tra il 1729 e il 1730, facendo riferimento al processo ecclesiastico il cui verbale è riportato integralmente nel secondo manoscritto (n° 620).
I testi riportati qui di seguito sono desunti dall’opera di uno dei Rettori del santuario: don Giuseppe Zanotelli, La Madonna di Caravaggio in Pinè, Trento 1897. Il linguaggio (certamente datato rispetto a quello del nostro tempo) è lo stesso di quella prima pubblicazione: si è preferito lasciarlo inalterato, sia per la vivacità della narrazione, sia per una certa qual venerazione nei confronti delle testimonianze riferite.
Storia
La 1ª apparizione, 14 maggio 1729
Un certo Giacomo Moser, pio contadino di Montagnaga, al principio del secolo XVIII si era recato più volte al santuario della Madonna di Caravaggio, e da uno dei suoi viaggi aveva portato un’Immagine della Madonna che esponeva su un altare della chiesa di Montagnaga - dedicata a S. Anna - il 26 maggio di ogni anno. Il racconto delle grazie e delle feste di Caravaggio suscitava in molti il desiderio di recarsi nel celebre santuario bergamasco. Fra gli altri c’era anche una giovane di nome Domenica Targa (9 agosto 1699 - 24 ottobre 1764), nata in un paesino vicino a Montagnaga chiamato Guardia. Le era però difficile ottenere il consenso dei genitori.
Verso il mezzogiorno del sabato 14 maggio 1729, Domenica stava con i suoi armenti nella conca del “Palustel” (oggi detta “Comparsa”). A un tratto, tutte le bestie, come colte da terrore, si mettono a fuggire disorientate. Domenica, che stava recitando il rosario, esce in un’esclamazione: "Gesù, Maria, aiutatemi!". Appena pronunciata l’invocazione, vide davanti a se una bellissima Signora in vesti candide come la neve. “Figlia mia, che fai?” le chiese. “Recito il rosario”, rispose Domenica. La Signora la lodò e, dopo averle fatto esprimere l’ardente desiderio di recarsi a Caravaggio, soggiunse: “Ubbidisci a me. Non andare a Caravaggio. Invece, la sera della festa dell’Ascensione, (quell’anno era il 26 maggio) rècati nella chiesa di S. Anna, dove sarà esposto il quadro della Beata Vergine di Caravaggio. Tu inginocchiati sul primo gradino dell’altare: vedrai una cosa bellissima”. “Chissà se i miei genitori mi permetteranno di andare a Montagnaga a quell’ora!” osservò la fanciulla. “Non temere, te lo permetteranno di sicuro!” soggiunse la bella Signora, e scomparve». |
Aldilà della cronaca
Perché mai la Vergine Maria appare di frequente a pastori, intenti a far pascolare i loro armenti?
“L’apparizione non ha nulla a che vedere con la fantasia del veggente (ha affermato in una pubblica dichiarazione il Card.Ratzinger, già Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, poi divenuto Benedetto XVI). Piuttosto significa che l'anima viene sfiorata dal tocco di qualcosa di reale e resa capace di vederlo anche se non è accessibile ai sensi…Tuttavia per questo si esige una vigilanza interiore del cuore, che per lo più non c'è a motivo della forte pressione che esercitano su di noi le realtà esterne, le immagini e i pensieri che già ci riempiono l'anima… Forse si può così comprendere perché proprio i bambini siano i destinatari preferiti di tali apparizioni: la loro anima è ancora poco alterata, la loro capacità interiore di percezione è ancora poco deteriorata…”. Non di rado poi, nelle apparizioni riconosciute autentiche dalla Chiesa, destinatari sono anche pastori: probabilmente vale anche per loro quanto qui si afferma riguardo ai bambini. D’altronde, non è proprio quella dei pastori la categoria privilegiata tramite la quale Dio stesso si rivela nel corso della storia biblica, al punto da identificarsi lui stesso nella figura del “buon Pastore”?
Nulla di strano poi che, a Montagnaga, la prima apparizione della Vergine avvenga in uno scenario così profano qual è l’umile occupazione quotidiana di Domenica, desiderosa ma impossibilitata a recarsi a Caravaggio. Vi si può cogliere la logica misteriosa e tipica dell’intera storia della Salvezza, alla quale la Vergine Maria ha accettato di collaborare con tutta se stessa: nel Cristianesimo infatti, a differenza che nelle altre religioni, non è dell’uomo l’iniziativa di cercare Dio e tantomeno la prerogativa di trovarlo, ma è Dio stesso che viene alla ricerca dell’uomo e lo incontra nel realismo concreto della sua quotidiana esistenza (cfr. a tale riguardo Giovanni Paolo II, Tertio millennio ineunte. 1,7). Come potrebbe Maria non condividere questo stile divino? Nelle più note vicende d’apparizione riconosciute dalla Chiesa in questi ultimi secoli è lei, la Vergine, a prendere l’iniziativa di “far visita” all’umanità (cfr. Luca 1,39ss), cogliendo sempre di sorpresa le persone alle quali si manifesta, nella concreta e in apparenza banale profanità della loro esistenza quotidiana.
Perché mai la Vergine Maria appare di frequente a pastori, intenti a far pascolare i loro armenti?
“L’apparizione non ha nulla a che vedere con la fantasia del veggente (ha affermato in una pubblica dichiarazione il Card.Ratzinger, già Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, poi divenuto Benedetto XVI). Piuttosto significa che l'anima viene sfiorata dal tocco di qualcosa di reale e resa capace di vederlo anche se non è accessibile ai sensi…Tuttavia per questo si esige una vigilanza interiore del cuore, che per lo più non c'è a motivo della forte pressione che esercitano su di noi le realtà esterne, le immagini e i pensieri che già ci riempiono l'anima… Forse si può così comprendere perché proprio i bambini siano i destinatari preferiti di tali apparizioni: la loro anima è ancora poco alterata, la loro capacità interiore di percezione è ancora poco deteriorata…”. Non di rado poi, nelle apparizioni riconosciute autentiche dalla Chiesa, destinatari sono anche pastori: probabilmente vale anche per loro quanto qui si afferma riguardo ai bambini. D’altronde, non è proprio quella dei pastori la categoria privilegiata tramite la quale Dio stesso si rivela nel corso della storia biblica, al punto da identificarsi lui stesso nella figura del “buon Pastore”?
Nulla di strano poi che, a Montagnaga, la prima apparizione della Vergine avvenga in uno scenario così profano qual è l’umile occupazione quotidiana di Domenica, desiderosa ma impossibilitata a recarsi a Caravaggio. Vi si può cogliere la logica misteriosa e tipica dell’intera storia della Salvezza, alla quale la Vergine Maria ha accettato di collaborare con tutta se stessa: nel Cristianesimo infatti, a differenza che nelle altre religioni, non è dell’uomo l’iniziativa di cercare Dio e tantomeno la prerogativa di trovarlo, ma è Dio stesso che viene alla ricerca dell’uomo e lo incontra nel realismo concreto della sua quotidiana esistenza (cfr. a tale riguardo Giovanni Paolo II, Tertio millennio ineunte. 1,7). Come potrebbe Maria non condividere questo stile divino? Nelle più note vicende d’apparizione riconosciute dalla Chiesa in questi ultimi secoli è lei, la Vergine, a prendere l’iniziativa di “far visita” all’umanità (cfr. Luca 1,39ss), cogliendo sempre di sorpresa le persone alle quali si manifesta, nella concreta e in apparenza banale profanità della loro esistenza quotidiana.
La 2ª apparizione, 26 maggio 1729
«Venne il 26 maggio 1729, festa dell’Ascensione. Senza eccessive difficoltà, Domenica poté intervenire alla funzione nella chiesa di Montagnaga. Si cantavano, quel giorno, anche le litanie dei Santi, per ottenere il dono della pioggia. All’invocazione “Omnes sancti Martyres” Domenica Targa si piegò sul fianco destro, e rimase in quella posizione, come estranea a quanto succedeva intorno, finchè la funzione fu finita. Quando i sacerdoti, uscendo dalla sacrestia, la richiamarono alla realtà, si lamentò di essere stata tolta da una dolce visione: vedeva la Vergine Santissima con il Bambino in braccio; nella destra aveva il rosario e stava invitandola a manifestare la sua apparizione a tutto il popolo presente. Naturalmente, ci furono anche gli scettici: specialmente tra il clero. Ma la pia giovane, prima di tornare a casa, fu costretta da una forza interiore a proclamare, per tre volte, le meraviglie della Vergine Maria e la sua presenza.
Intanto, pur tra vari commenti e contrasti, cominciò a svilupparsi una particolare devozione per la Vergine Santissima di Caravaggio anche sull’altare della chiesa di S. Anna in Montagnaga. Lo zelante Giacomo Moser fece preparare dalla pittrice trentina Elena Zambaiti un nuovo e più grande quadro della apparizione della Madonna alla veggente Giovanetta Varoli, testimone delle apparizioni che furono all’origine del celebre Santuario nel Bergamasco. E’ la sacra Immagine che tuttora veneriamo a Montagnaga di Pinè, mentre il canonico mons. Girolamo conte Bucelleni, fece ricostruire l’altare nella forma in cui lo vediamo oggi. Tutto fu preparato con tanto zelo e rapidità, che già 1’8 settembre dello stesso anno 1729 si poté procedere alla benedizione del nuovo altare. Era stato predisposto un rito solenne con la partecipazione del pievano di Pinè». |
Aldilà della cronaca
Quale può essere il motivo dell’apparizione della Madonna nella chiesa del paese, il 26 Maggio,
alla presenza dell’intera Comunità riunita a celebrare la solennità dell’Ascensione?
Il cielo su Montagnaga, limpido da giorni al punto da far temere una siccità, ben si addiceva alla Solennità dell’Ascensione del Signore, che da sempre il calendario cristiano colloca 40 giorni dopo la Pasqua. La presenza di Gesù, bambino in braccio alla Madre, nonché la coreografia dei Santi invocati nelle Litanie, paiono aprire un rapido squarcio sulla visione da cui Domenica è rapita durante quella celebrazione: il Cielo, là dove Cristo ha innalzato accanto a Dio la nostra umanità, è l’ineludibile e sicuro traguardo di gloria per tutti coloro che credono in lui. L’apparizione di Maria nel contesto della Comunità riunita per tale solennità è tacita conferma del fatto che solo nella Fede vissuta e celebrata insieme è possibile guardare a quel traguardo con speranza certa e attesa non illusoria. La corona del rosario nella destra della Vergine poi è simbolo eloquente e semplice della via che a quel traguardo sicuro conduce: essa non può che essere caratterizzata dall’ascolto assiduo e operoso del vangelo, così come appare nei “misteri” che vedono protagonisti il Signore Gesù e Maria, la madre sua.
Il 26 Maggio, come ogni anno, a Caravaggio si celebrava la Festa dell’apparizione di Maria a Giannetta Varoli, avvenuta esattamente a quella data nel 1432. La devozione che induceva non pochi pellegrini anche dal Trentino, e dal Pinetano in particolare, a recarsi a quel celebre Santuario, nonché il fatto che un’ immagine di quell’apparizione era stata portata a Montagnaga ed era esposta in chiesa proprio ogni 26 Maggio, potrebbero far pensare che le cosiddette “apparizioni” sperimentate da Domenica Targa altro non fossero che frutto di suggestione, se pure religiosa, che avrebbe trovato fertile terreno in un’animo limpido sì, ma ingenuo e facilmente influenzabile. Accanto a una tale ipotesi (che chi vuole è senz’altro libero di condividere) ve n’è quantomeno un’altra, altrettanto ragionevole e degna di attenzione. Anche in questo caso può essere detta con le parole del Card.Ratzinger, desunte dalla Dichiarazione sopra citata: “Già nella visione esteriore (quando guardiamo con i nostri occhi) ciò che vediamo giunge a noi attraverso il filtro dei nostri sensi, che devono compiere un processo di traduzione. Questo è ancora più evidente nella visione interiore, soprattutto allorché si tratta di realtà (come le apparizioni), che oltrepassano in se stesse il nostro orizzonte. Il soggetto, il veggente, vede con le sue possibilità concrete, con le modalità a lui accessibili...”. In riferimento alla vicenda di Domenica Targa a Montagnaga, ciò significa che se l’immagine della Madonna a lei familiare aveva le sembianze della Vergine di Caravaggio, unicamente attraverso tali sembianze Maria poteva rivelarsi a lei e affidarle i suoi messaggi.
Questa logica, del resto caratterizza l’intera Storia della nostra Salvezza: Dio – il Trascendente – allorchè si rivela, non si fa riguardo di adattarsi alle capacità recettive degli uomini, alle loro categorie culturali, per quanto possano apparire povere e limitate. Quanto ha da dire e da dare è questione di grazia più che di cultura.
Quale può essere il motivo dell’apparizione della Madonna nella chiesa del paese, il 26 Maggio,
alla presenza dell’intera Comunità riunita a celebrare la solennità dell’Ascensione?
Il cielo su Montagnaga, limpido da giorni al punto da far temere una siccità, ben si addiceva alla Solennità dell’Ascensione del Signore, che da sempre il calendario cristiano colloca 40 giorni dopo la Pasqua. La presenza di Gesù, bambino in braccio alla Madre, nonché la coreografia dei Santi invocati nelle Litanie, paiono aprire un rapido squarcio sulla visione da cui Domenica è rapita durante quella celebrazione: il Cielo, là dove Cristo ha innalzato accanto a Dio la nostra umanità, è l’ineludibile e sicuro traguardo di gloria per tutti coloro che credono in lui. L’apparizione di Maria nel contesto della Comunità riunita per tale solennità è tacita conferma del fatto che solo nella Fede vissuta e celebrata insieme è possibile guardare a quel traguardo con speranza certa e attesa non illusoria. La corona del rosario nella destra della Vergine poi è simbolo eloquente e semplice della via che a quel traguardo sicuro conduce: essa non può che essere caratterizzata dall’ascolto assiduo e operoso del vangelo, così come appare nei “misteri” che vedono protagonisti il Signore Gesù e Maria, la madre sua.
Il 26 Maggio, come ogni anno, a Caravaggio si celebrava la Festa dell’apparizione di Maria a Giannetta Varoli, avvenuta esattamente a quella data nel 1432. La devozione che induceva non pochi pellegrini anche dal Trentino, e dal Pinetano in particolare, a recarsi a quel celebre Santuario, nonché il fatto che un’ immagine di quell’apparizione era stata portata a Montagnaga ed era esposta in chiesa proprio ogni 26 Maggio, potrebbero far pensare che le cosiddette “apparizioni” sperimentate da Domenica Targa altro non fossero che frutto di suggestione, se pure religiosa, che avrebbe trovato fertile terreno in un’animo limpido sì, ma ingenuo e facilmente influenzabile. Accanto a una tale ipotesi (che chi vuole è senz’altro libero di condividere) ve n’è quantomeno un’altra, altrettanto ragionevole e degna di attenzione. Anche in questo caso può essere detta con le parole del Card.Ratzinger, desunte dalla Dichiarazione sopra citata: “Già nella visione esteriore (quando guardiamo con i nostri occhi) ciò che vediamo giunge a noi attraverso il filtro dei nostri sensi, che devono compiere un processo di traduzione. Questo è ancora più evidente nella visione interiore, soprattutto allorché si tratta di realtà (come le apparizioni), che oltrepassano in se stesse il nostro orizzonte. Il soggetto, il veggente, vede con le sue possibilità concrete, con le modalità a lui accessibili...”. In riferimento alla vicenda di Domenica Targa a Montagnaga, ciò significa che se l’immagine della Madonna a lei familiare aveva le sembianze della Vergine di Caravaggio, unicamente attraverso tali sembianze Maria poteva rivelarsi a lei e affidarle i suoi messaggi.
Questa logica, del resto caratterizza l’intera Storia della nostra Salvezza: Dio – il Trascendente – allorchè si rivela, non si fa riguardo di adattarsi alle capacità recettive degli uomini, alle loro categorie culturali, per quanto possano apparire povere e limitate. Quanto ha da dire e da dare è questione di grazia più che di cultura.
La 3ª apparizione, 8 settembre 1729
«Già la gente di Montagnaga si trovava raccolta in chiesa, e si sentivano arrivare le invocazioni del popolo che veniva processionalmente da Baselga, quando la Vergine SS. apparve alla Veggente con il Bambino sulle braccia, ma questa volta ferito e sanguinante, ed era seguita dai santi Gioacchino, Anna e S. Giuseppe. La SS. Vergine stessa benedisse il quadro, e poi - dopo aver imposto a Domenica di gridare per tre volte “viene la Beatissima Vergine” - assicurò che quello sarebbe stato il luogo nel quale avrebbe accolto le preghiere dei suoi devoti. Mostrando, poi, le ferite del suo divin Bambino, spiegò che esse erano causate dai peccati, ed esortò a pregare molto per la conversione dei peccatori. Naturalmente, anche questa volta, Domenica Targa incontrò scetticismo, specialmente da parte del pievano di Baselga».
Aldilà della cronaca Il bambino Gesù ferito e sanguinante tra le braccia di Maria sua Madre… …è un messaggio che non necessita di particolari spiegazioni, non fosse altro perché la Vergine stessa si premurò di offrirle, qualora fosse stato necessario: “Spiegò che quelle ferite erano causate dai peccati, ed esortò a pregare molto per la conversione dei peccatori”. I peccati amareggiano e feriscono Dio non in quanto infrazioni di leggi o comandi imposti da lui ma disattesi dagli uomini, bensì per il motivo ben più drammatico che commettendoli essi hanno deturpato la loro dignità, hanno oscurato la bella immagine di figli di quel Dio che è loro padre: ora, quale altra conseguenza può provocare la rovina di un figlio nell’animo di un padre o di una madre, se non quella di amareggiarlo e farlo sanguinare ben più che se si trattasse di una ferita? Tra le braccia di Maria, a Montagnaga, quel Dio che soffre ha il volto del Bambino: solo chi ha un cuore di pietra può permettersi di non lasciarsi toccare e commuovere da un bambino ferito e sanguinante a causa della malvagità umana… |
La 4ª apparizione, 10 settembre 1729
«La SS. Vergine, quasi a consolare Domenica, le apparve due giorni dopo per la quarta volta, nella località detta “Pralongo”, e la esortò a esporre tutto al suo confessore, don Michele Bernardi, che l’avrebbe aiutata. Difatti fu così. L’Autorità diocesana promosse un regolare processo canonico, che durò più anni, e che si concluse con l’autorizzazione a celebrare solennemente la festa dell’apparizione di Maria in Montagnaga nel giorno 26 maggio».
Aldilà della cronaca …quasi a consolare Domenica, le apparve due giorni dopo per la quarta volta… Non vi è mai stata alcuna vicenda di apparizioni che non abbia trovato scetticismo, diffidenza o rifiuto, anche da parte dei responsabili della Chiesa. Il che non va inteso in termini di malafede, ma piuttosto di prudenza, dal momento che fenomeni di tal genere si prestano ad essere interpretati con diverse chiavi di lettura: plagio o suggestione psichica, possesso diabolico (“…anche Satana si maschera da angelo di luce” mette in guardia san Paolo: 2Cor 11,14), oppure autentica manifestazione del soprannaturale, se pure in forma privata. In quest’ultimo caso il veggente incontrerà certamente prove, difficoltà, derisione e rifiuto, ma tutto questo non sarà che il prezzo di sofferenza (di croce!) che l’autenticità e la preziosità dell’esperienza richiedono necessariamente. Che se poi tale esperienza è autentica, si guarderà bene dall’assumere atteggiamenti arroganti di contestazione o disobbedienza nei confronti dell’autorità ecclesiastica: la condizione perché ciò che è vero venga alla luce e sia giustamente riconosciuto, richiede la sua attesa paziente, silenziosa e sofferta. Non è affatto strano, peraltro, che Maria – riconosciuta nella tradizione cristiana quale “Consolatrice degli afflitti” – intervenga a consolare Domenica con parole e atteggiamento materno. E, ancora una volta, non in un contesto religioso fuori dall’ordinarietà, ma nel concreto profano e operoso della vita quotidiana: infatti, è là, quando si spengono i riflettori e si torna alla propria vita monotona e nascosta, che si fa più forte la tentazione di cedere al dubbio e alla sfiducia. |
Il Processo ecclesiastico
«Con rescritto del Vicario generale capitolare della nostra diocesi, dato il 17 maggio 1730, il sacerdote Antonio Flamacino, esaminatore prosinodale ed economo della Camera vescovile, venne deputato a procedere all'esame dei fatti straordinari avvenuti nel paesello di Montagnaga. Il processo incominciò il 20 maggio 1730 nel castello del Buon Consiglio in Trento, fino al 23 dello stesso mese, e il 22 agosto dello stesso anno fu ripreso nel paese di Montagnaga, ove s'era portato a tal uopo il delegato Flamacino. In Trento, durante l'interrogatorio del 22 e 23 maggio, la buona pastora narrò per filo e per segno, la storia delle quattro apparizioni ond'era stata favorita dalla Madonna e che furono narrate fin qui in compendio dietro la scorta degli atti originali del processo: e in Montagnaga, allorché, questo venne colà ripreso, ella confermò le deposizioni fatte in Trento, senza punto contraddirsi. Se non che durante l'interrogatorio subìto in Montagnaga, la Targa poté narrare anche un'ulteriore apparizione della Madonna avvenuta dopo la chiusura del processo di Trento (quinta apparizione), della quale si dirà subito brevemente, osservando che questo nuovo fatto meraviglioso ci venne fatto conoscere per la prima volta soltanto dagli atti originali del processo venuti in luce sul finire dell'anno 1893».
La 5ª apparizione, 26 maggio 1730
«La Vergine comparve un’ultima volta a Domenica Targa nella chiesa di S.Anna in Montagnaga, il 26 maggio 1730. Avvolta da una luce fulgidissima, e circondata da uno stuolo di vergini, la Madonna invocò la benedizione del Signore sopra la moltitudine dei presenti, operò alcune guarigioni, manifestò a Domenica la sua soddisfazione, e, salutandola amabilmente, s’allontanò per sempre. L’incontro successivo sarebbe avvenuto in cielo, il 24 ottobre 1764».
Aldilà della cronaca
Ormai, non solo a Caravaggio ma anche a Montagnaga, il 26 Maggio di ogni anno sarebbe stato caratterizzato da una solennità che avrebbe richiamato pellegrini da tutto l’altopiano e dalle Valli vicine. La vicenda delle apparizioni giunge così al termine e, occorre dire, è perfettamente in sintonia con l’esperienza della fede, secondo la quale ciò che è "paradisìaco, eterno e celestiale” non può durare nel tempo su questa terra: la può sfiorare soltanto con discrezione e in maniera provvisoria.
E’ interessante, tuttavia, che Maria abbia riservato un’ultima visita a Domenica e, attraverso lei, a tutti i pellegrini accorsi in quell’occasione. E’ bello pensare che, da buona Madre qual è, ami congedarsi amabilmente dai suoi figli in modi e atteggiamenti che infondono serenità e consolazione. E certamente non stona nella storia di Pinè l’esplicito accenno alla soddisfazione di Maria per l’accoglienza riservatale quassù tra le nostre montagne.
Quali le conclusioni della Chiesa?
I cosiddetti “processi”, che qui sono stati semplicemente riassunti secondo la narrazione stilata dal rettore don Giuseppe Zanotelli, videro coinvolti non solo Domenica Targa ma anche altri testimoni convocati a deporre riguardo alle apparizioni. Non vi fu contraddizione con quanto dichiarato dalla veggente, né vi fu nelle deposizioni di quest’ultima, se pure distanziate nel tempo.
Tuttavia, a onor del vero, una dichiarazione ufficiale da parte della Chiesa sui fatti di Montagnaga non vi fu mai, né pro né contro. Se in parte questa “mancanza” si spiega con il fatto che a Montagnaga si iniziò a venerare la “Madonna di Caravaggio” (il cui culto era già stato riconosciuto e approvato dall’autorità ecclesiastica), in parte tuttavia lascia sorpresi. Il che, peraltro, non pare motivo sufficiente per concludere, come da parte di qualcuno, che la tradizione di Pinè ha per oggetto una Madonna senza “comparse”. E’ preferibile procedere con cautela allorchè si tratta di un passato che non ha a suo carico quella documentazione sufficientemente completa che si vorrebbe, ma rivendica invece – a ragione o a torto – una qualche “interferenza”, non più verificabile ormai, con il soprannaturale.
Del resto, quella di una dichiarazione ecclesiastica conclusiva è comunque una mancanza più formale che reale. L’ampliamento della chiesa di Montagnaga e la sua ricca decorazione, la solenne incoronazione dell’immagine mariana che vi si venera, la costruzione del Tempio al Redentore con la Scala santa, nonché il monumento in simil bronzo che ricorda la prima apparizione alla “Comparsa”: niente di tutto ciò si sarebbe potuto realizzare senza l’esplicito consenso e l’incoraggiamento dell’autorità ecclesiastica, vale a dire del Vescovo diocesano, cui compete di norma la prima e decisiva valutazione sui fatti. Il che ha tutto l’effetto di un riconoscimento, se non esplicito e formale, certamente implicito e reale.
Ecco alcune espressioni desunte da documenti vescovili al riguardo:
“…Ci corre il dovere di rendere grazie alla Vergine santa perchè s'è degnata di darsi a vedere su uno dei nostri monti, ed ivi Ella stessa dichiarò di voler essere venerata in particolar modo. …Per farci sentire la presenza assidua della sua materna provvidenza usa darsi a vedere tra i suoi popoli nei luoghi ch’Ella sceglie dove accettare di preferenza gli omaggi dei suoi fedeli e piovere più largamente i frutti della sua potente intercessione. Uno di codesti luoghi fortunati abbiamo anche noi sur una vetta dei colli di Pinè; onde siamo tenuti a rendere grazie alla Vergine che si degnò di lasciare tra noi un segno di affetto speciale...”: così il Vescovo Eugenio Carlo Valussi nell’annunciare alla Diocesi l’incoronazione della “Madonna di Caravaggio in Pinè” in data 13 luglio 1894.
Lo stesso Vescovo aveva accompagnato la richiesta di consenso a tale atto – indirizzata al Capitolo della Basilica di San Pietro in Roma - con una relazione sui fatti di Montagnaga che iniziava con queste parole: “In Montagnaga di Pinè si venera un' Imagine della gloriosa Madre di Dio sotto il titolo di Madonna di Caravaggio. Sull' origine e relativo culto di questa taumaturga Imagine abbiamo notizie desunte da un antico manoscritto dettato dalla fortunata Pastorella, cui apparve la beata Vergine, e dal processo istituito dalla R.ma Curia di Trento, che in seguito a questo sino dall'anno 1730 accordava il permesso di celebrare con distinta solennità la festa dell'Apparizione il 26 Maggio, e più tardi estendeva lo stesso permesso al 14 Maggio d' ogni anno”. (A questo punto informava per sommi capi sulle apparizioni avvenute).
Più tardi, allorchè nel 1929 si presentò l’occasione di celebrare solennemente il secondo centenario delle apparizioni, il Vescovo Celestino Endrici dedicò la sua lettera pastorale di Quaresima ad esortare il popolo a quella stessa conversione cui anche la Madonna avrebbe esortato nelle sue apparizioni a Montagnaga: il riferimento ad esse, come a un dato di fatto ormai certo, consente a quella nobile figura di Pastore di richiamarle in totale spontaneità.
* * *
Sono trascorsi ormai quasi tre secoli dai fatti (veri o presunti) localizzati a Montagnaga. Moltitudini di pellegrini d’ogni età, ceto sociale e provenienza, hanno calcato le strade e i sentieri che vi conducono, motivati dalle ragioni più diverse, ma allo stesso tempo incoraggiati dalle numerosissime testimonianze di “grazie” ottenute per l’intercessione della Madonna. E’ luogo comune tra i colti (anche in questo caso veri o presunti) valutare con sussiego, se non con disprezzo, ogni forma di “pietà popolare”, quasi che le categorie culturali in loro possesso offrissero parametri più che esaustivi per ogni genere di discernimento.
Il Magistero della Chiesa ha un suo ruolo ben preciso nel definire l’autenticità, e quindi l’affidabilità, dei fenomeni religiosi (quali, appunto, le apparizioni). Ma un ruolo non meno importante spetta alla Chiesa tutta, vale a dire al Popolo di Dio: peregrinando con frequenza e regolarità a certi luoghi divenuti particolarmente “attraenti” (e immuni da qualsiasi sospetto di falsificazione o interesse), conferma perciò stesso l’attendibilità di quanto la tradizione vi attribuisce. Cos’altro può voler significare il riconoscimento del valore della “pietà popolare” da parte del Magistero della Chiesa, se non proprio anche questo?
Per non dire che, anche a prescindere da ciò che può esservi all’origine, l’ininterotto afflusso di pellegrini costituisce di per sé un certo qual prezioso deposito di fede, di penitenza e di grazia, cui attingere e al quale, nello stesso tempo, contribuire.
Bernadette Soubirous ebbe a dire, a proposito degli eventi di Lourdes: “La Signora non mi ha incaricato di farvelo credere... ma solo di dirvelo: basta che veniate”. Forse, nella sua disarmante semplicità, è un’affermazione da tener presente non solo a Lourdes ma anche in molti altri Santuari e mète di pellegrinaggio. Compreso Pinè.
Non sarà comunque superfluo tornare a rimarcare quanto già detto in precedenza: nessuna rivelazione privata, anche se riconosciuta dalla Chiesa, può obbligare i credenti a un’adesione di fede.
Chi giunge a Montagnaga da pellegrino e ne accetta la tradizione di apparizioni mariane in tutta semplicità, ne rimane sicuramente edificato.
Chi vi arriva da turista, scettico su quanto riguarda fenomeni religiosi straordinari, non se ne faccia problema: la visita ai luoghi impregnati dalla fede di moltitudini di pellegrini lascerà comunque anche in lui gradevoli sensazioni di serenità e di pace interiore.
Pinè fa bene a tutti. Fa bene al cuore.
Aldilà della cronaca
Ormai, non solo a Caravaggio ma anche a Montagnaga, il 26 Maggio di ogni anno sarebbe stato caratterizzato da una solennità che avrebbe richiamato pellegrini da tutto l’altopiano e dalle Valli vicine. La vicenda delle apparizioni giunge così al termine e, occorre dire, è perfettamente in sintonia con l’esperienza della fede, secondo la quale ciò che è "paradisìaco, eterno e celestiale” non può durare nel tempo su questa terra: la può sfiorare soltanto con discrezione e in maniera provvisoria.
E’ interessante, tuttavia, che Maria abbia riservato un’ultima visita a Domenica e, attraverso lei, a tutti i pellegrini accorsi in quell’occasione. E’ bello pensare che, da buona Madre qual è, ami congedarsi amabilmente dai suoi figli in modi e atteggiamenti che infondono serenità e consolazione. E certamente non stona nella storia di Pinè l’esplicito accenno alla soddisfazione di Maria per l’accoglienza riservatale quassù tra le nostre montagne.
Quali le conclusioni della Chiesa?
I cosiddetti “processi”, che qui sono stati semplicemente riassunti secondo la narrazione stilata dal rettore don Giuseppe Zanotelli, videro coinvolti non solo Domenica Targa ma anche altri testimoni convocati a deporre riguardo alle apparizioni. Non vi fu contraddizione con quanto dichiarato dalla veggente, né vi fu nelle deposizioni di quest’ultima, se pure distanziate nel tempo.
Tuttavia, a onor del vero, una dichiarazione ufficiale da parte della Chiesa sui fatti di Montagnaga non vi fu mai, né pro né contro. Se in parte questa “mancanza” si spiega con il fatto che a Montagnaga si iniziò a venerare la “Madonna di Caravaggio” (il cui culto era già stato riconosciuto e approvato dall’autorità ecclesiastica), in parte tuttavia lascia sorpresi. Il che, peraltro, non pare motivo sufficiente per concludere, come da parte di qualcuno, che la tradizione di Pinè ha per oggetto una Madonna senza “comparse”. E’ preferibile procedere con cautela allorchè si tratta di un passato che non ha a suo carico quella documentazione sufficientemente completa che si vorrebbe, ma rivendica invece – a ragione o a torto – una qualche “interferenza”, non più verificabile ormai, con il soprannaturale.
Del resto, quella di una dichiarazione ecclesiastica conclusiva è comunque una mancanza più formale che reale. L’ampliamento della chiesa di Montagnaga e la sua ricca decorazione, la solenne incoronazione dell’immagine mariana che vi si venera, la costruzione del Tempio al Redentore con la Scala santa, nonché il monumento in simil bronzo che ricorda la prima apparizione alla “Comparsa”: niente di tutto ciò si sarebbe potuto realizzare senza l’esplicito consenso e l’incoraggiamento dell’autorità ecclesiastica, vale a dire del Vescovo diocesano, cui compete di norma la prima e decisiva valutazione sui fatti. Il che ha tutto l’effetto di un riconoscimento, se non esplicito e formale, certamente implicito e reale.
Ecco alcune espressioni desunte da documenti vescovili al riguardo:
“…Ci corre il dovere di rendere grazie alla Vergine santa perchè s'è degnata di darsi a vedere su uno dei nostri monti, ed ivi Ella stessa dichiarò di voler essere venerata in particolar modo. …Per farci sentire la presenza assidua della sua materna provvidenza usa darsi a vedere tra i suoi popoli nei luoghi ch’Ella sceglie dove accettare di preferenza gli omaggi dei suoi fedeli e piovere più largamente i frutti della sua potente intercessione. Uno di codesti luoghi fortunati abbiamo anche noi sur una vetta dei colli di Pinè; onde siamo tenuti a rendere grazie alla Vergine che si degnò di lasciare tra noi un segno di affetto speciale...”: così il Vescovo Eugenio Carlo Valussi nell’annunciare alla Diocesi l’incoronazione della “Madonna di Caravaggio in Pinè” in data 13 luglio 1894.
Lo stesso Vescovo aveva accompagnato la richiesta di consenso a tale atto – indirizzata al Capitolo della Basilica di San Pietro in Roma - con una relazione sui fatti di Montagnaga che iniziava con queste parole: “In Montagnaga di Pinè si venera un' Imagine della gloriosa Madre di Dio sotto il titolo di Madonna di Caravaggio. Sull' origine e relativo culto di questa taumaturga Imagine abbiamo notizie desunte da un antico manoscritto dettato dalla fortunata Pastorella, cui apparve la beata Vergine, e dal processo istituito dalla R.ma Curia di Trento, che in seguito a questo sino dall'anno 1730 accordava il permesso di celebrare con distinta solennità la festa dell'Apparizione il 26 Maggio, e più tardi estendeva lo stesso permesso al 14 Maggio d' ogni anno”. (A questo punto informava per sommi capi sulle apparizioni avvenute).
Più tardi, allorchè nel 1929 si presentò l’occasione di celebrare solennemente il secondo centenario delle apparizioni, il Vescovo Celestino Endrici dedicò la sua lettera pastorale di Quaresima ad esortare il popolo a quella stessa conversione cui anche la Madonna avrebbe esortato nelle sue apparizioni a Montagnaga: il riferimento ad esse, come a un dato di fatto ormai certo, consente a quella nobile figura di Pastore di richiamarle in totale spontaneità.
* * *
Sono trascorsi ormai quasi tre secoli dai fatti (veri o presunti) localizzati a Montagnaga. Moltitudini di pellegrini d’ogni età, ceto sociale e provenienza, hanno calcato le strade e i sentieri che vi conducono, motivati dalle ragioni più diverse, ma allo stesso tempo incoraggiati dalle numerosissime testimonianze di “grazie” ottenute per l’intercessione della Madonna. E’ luogo comune tra i colti (anche in questo caso veri o presunti) valutare con sussiego, se non con disprezzo, ogni forma di “pietà popolare”, quasi che le categorie culturali in loro possesso offrissero parametri più che esaustivi per ogni genere di discernimento.
Il Magistero della Chiesa ha un suo ruolo ben preciso nel definire l’autenticità, e quindi l’affidabilità, dei fenomeni religiosi (quali, appunto, le apparizioni). Ma un ruolo non meno importante spetta alla Chiesa tutta, vale a dire al Popolo di Dio: peregrinando con frequenza e regolarità a certi luoghi divenuti particolarmente “attraenti” (e immuni da qualsiasi sospetto di falsificazione o interesse), conferma perciò stesso l’attendibilità di quanto la tradizione vi attribuisce. Cos’altro può voler significare il riconoscimento del valore della “pietà popolare” da parte del Magistero della Chiesa, se non proprio anche questo?
Per non dire che, anche a prescindere da ciò che può esservi all’origine, l’ininterotto afflusso di pellegrini costituisce di per sé un certo qual prezioso deposito di fede, di penitenza e di grazia, cui attingere e al quale, nello stesso tempo, contribuire.
Bernadette Soubirous ebbe a dire, a proposito degli eventi di Lourdes: “La Signora non mi ha incaricato di farvelo credere... ma solo di dirvelo: basta che veniate”. Forse, nella sua disarmante semplicità, è un’affermazione da tener presente non solo a Lourdes ma anche in molti altri Santuari e mète di pellegrinaggio. Compreso Pinè.
Non sarà comunque superfluo tornare a rimarcare quanto già detto in precedenza: nessuna rivelazione privata, anche se riconosciuta dalla Chiesa, può obbligare i credenti a un’adesione di fede.
Chi giunge a Montagnaga da pellegrino e ne accetta la tradizione di apparizioni mariane in tutta semplicità, ne rimane sicuramente edificato.
Chi vi arriva da turista, scettico su quanto riguarda fenomeni religiosi straordinari, non se ne faccia problema: la visita ai luoghi impregnati dalla fede di moltitudini di pellegrini lascerà comunque anche in lui gradevoli sensazioni di serenità e di pace interiore.
Pinè fa bene a tutti. Fa bene al cuore.